La sua diffusione consenti’ alle popolazioni montane di avere frutti da consumare freschi o trasformare per un consumo durante l’anno, e legna da ardere e da costruzione. La sua coltivazione avviene in fustaie, dove i singoli alberi raggiungono proporzioni monumentali con esemplari secolari. Si tratta di un bosco dalle caratteristiche singolari. L’intervento dell’uomo consiste soprattutto in una drastica operazione di sfalcio del sottobosco, a fine primavera-inizio estate, per consentire un’agevole raccolta dei frutti. Lo sfalcio del sottobosco seleziona inevitabilmente la vegetazione: sono eliminate tutte le specie arboree, e le specie arbustive resistono solo se prostrate e basse, come ad esempio il timo, il cisto, e poche altre.
La presenza della cotica erbosa, impedisce l’erosione del suolo e lo sfalcio, effettuato prima della stagione più calda, previene gli incendi estivi per cui i castagneti hanno una importante funzione di stabilità idrogeologica. Tale funzione è anche frutto della possibilità di condurre il castagneto a ceduo, con turni di 10-15 anni, nei versanti più acclivi e dunque instabili.
Le piante coltivate non sono del tutto uguali alla Castanea sativa spontanea nei boschi, che produce pochi frutti e piccoli. Durante i secoli si sono selezionate numerose varietà che hanno portato a frutti di dimensioni diverse o caratteristiche organolettiche particolari. Inoltre si affacciò nel secolo scorso un nemico temibile, giunto dall’America dove aveva già sterminato Castanea dentata: il cancro corticale. Tale patologia è causata dall’infestazione di un fungo, Endothia parasitica, che provoca il deperimento della pianta. A tale pericolo sembrano reagire meglio le specie asiatiche da cui si sono ottenuti ibridi resistenti alle patologie.
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